PROGETTI SPECIALI
L’idea che architettura e marketing debbano essere integrati in un unico processo per creare valore nel retail nasce dalla constatazione che, per il retailer, la capacità di vendere è soltanto una condizione necessaria ma non sufficiente per avere successo. Diventa invece fondamentale la capacità di realizzare building e negozi che siano veri poli di attrazione e, al tempo stesso, dei detonatori della notorietà e dei valori di marca. Il fenomeno alla base di questa nuova necessità è stato il superamento della divisione tra aziende di produzione e aziende di distribuzione, attraverso l’integrazione a valle da parte dei produttori, con la creazione di proprie reti globali di flagship store (o brand-store).
IL RITORNO DELL’ALTA ARCHITETTURA
La nuova consapevolezza che queste aziende hanno maturato facendo i retailer è che per la costruzione della percezione di marca nell’immaginario collettivo dei propri clienti la rete negozi gioca un ruolo più rilevante di ogni altra leva. Di conseguenza, torna al centro dell’attenzione la disciplina che più di ogni altra determina l’aspetto del building e/o del negozio, vale a dire l’architettura. Negli ultimi dieci anni sono stati frequenti i casi di architetti famosi coinvolti in progetti di negozi/building. Ma oggi il fenomeno è tale che, di fatto, non c’è più differenza tra architettura “alta” e architettura per lo shopping.
ALLONTANARSI DALLA SCATOLA
Oggi stiamo assistendo a un cambiamento epocale rispetto all’era dei grandi mali: scatole, rese possibili dalla tecnologia del condizionamento ambienti, dalle nuove tecniche costruttive, dalla mobilità delle persone determinata dalla diffusione dell’automobile. Con gli Stati Uniti all’avanguardia del fenomeno: il primo “enclosed mall” (centro commerciale) viene realizzato a Minneapolis da Victor Gruen, nel 1956, il primo Wal-Mart è del 1962, e nel1964 a Toronto (Canada) viene realizzato lo Yorkdale Shopping Plaza. Già nel 1960 i140% degli americani fa shopping in ben 10.000 supermercati. Si parlerà di “Gruen Urbanism“, movimento volto ad attribuire, attraverso shopping mall, una nuova identità alle nascenti periferie di quegli anni. La grande onda degli shopping mall e supermercati incomincia a “tornare indietro”, negli Stati Uniti, già a metà degli anni ‘90. E nel 1994 ben 1’80% dei nuovi store è costituito da category killer. Nel 1995 si verificano 12.952 “retail failures” e nel paese che da sempre rappresenta l’avanguardia nel retail in quegli anni si avverte che per le grandi scatole il declino è alle porte. Incomincia (ricomincia) l’era dei flagship store. Viene aperto nel ‘92 il primo NikeTown a Portland. I flagship store sono diventati oggi il nuovo linguaggio della marca. Comunicano l’identità dell’impresa, i suoi valori, la qualità dei prodotti, e le sintetizzano all’esterno e all’interno di un luogo. E a differenza della pubblicità, che è temporanea e che passa, i brand-store rimangono e comunicano in permanenza. Punti fondamentali da evidenziare sono originalità e unicità dell’edificio o del negozio quale obiettivi da raggiungere. Efficienza e funzionalità dei criteri espositivi e del layout passano in secondo piano. Mentre la capacità del negozio o del building di diventare un luogo-evento capace di elevarsi al di sopra del “rumore di fondo” della città diventa essenziale per il successo. Ecco perché la grande creatività architettonica esterna e interna, la “High Architecture” con il suo talento e capacità di inventare “luoghi” che si stacchino dalla media, ritorna al centro della progettazione dei negozi.
LA STRATEGIA GLOBALE
La nostra tesi è che nei nuovi retailer monomarca l’architettura da un lato e il marketing dall’altro giochino un ruolo talmente importante per la performance del building/negozio da richiedere un processo di collaborazione integrata dall’inizio alla fine. Di conseguenza l’idea che lavorino, come invece spesso accade, secondo una sequenza per cui l’architetto definisce il progetto dell’edificio e/o del negozio, e il responsabile marketing si occupa di ottimizzare la gestione della relazione con il cliente “a partire dal negozio che si ritrova”, dovrebbe essere superata. Il nuovo processo operativo si fonderebbe invece su un lavoro gomito a gomito tra marketing e architettura, fin dalla prima concezione dell’idea di negozio. In tale prospettiva, il compito del marketing non dovrebbe essere certo quello di frustrare la creatività dell’architetto, bensì quello di indirizzarla in modo coerente con il posizionamento della marca oggetto del negozio, e con le caratteristiche del cliente. Sarebbe fondamentale che il marketing strategico dell’azienda mettesse l’architetto al corrente di tutte le informazioni disponibili sulla marca, e lo coinvolgesse in eventuali ricerche di mercato e focus group. E, esattamente come avviene tra aziende di largo consumo e agenzie di pubblicità, il processo creativo concreto dovrebbe partire con la condivisione di una copy-retail development strategy, in cui vengono concordati obiettivi fondamentali della creatività retail alla base della definizione del nuovo negozio, ma anche i momenti chiave di verifica della performance del nuovo punto di vendita. L’implementazione da parte di distributori di un approccio totalmente integrato tra marketing e architettura porterebbe alla creazione di un linguaggio comune tra due competenze fondamentali per la performance di queste reti di negozi, realizzando un ideale punto di equilibrio tra creatività e strategia, luogo ed esperienza d’acquisto, disegno e marca. O, per concludere con una metafora, realizzando un teatro dei sogni dove c’è piena coerenza tra l’aspetto del teatro e il tipo di sogno proposto.
Fonte: Markup