PROGETTI SPECIALI
Paul Dyson – fondatore della D2D Limited, un’agenzia indipendente di analisi e creazioni di modelli – ha analizzato una serie di studi dai quali emerge l’idea che mantenere il budget pubblicitario durante un periodo di crisi dà giovamento ai brand in questione. Il messaggio è chiaro: le marche che hanno mantenuto i loro budget durante una recessione ne sono venute fuori fortificate e con maggiori guadagni di coloro che invece hanno tagliato la spesa. Alcuni di questi studi hanno evidenziato come addirittura in alcuni casi i benefici si siano visti a recessione finita, anche nei due o tre anni successivi.
In una recessione, alcuni brand riducono gli investimenti, questo permette a chi non li taglia di rubare loro quote di mercato.
A questo bisogna anche aggiungere altri elementi di natura più soggettiva: in una recessione, i consumatori tendono a ritenere più sicuri e aspirazionali i marchi più pubblicizzati.
Ovviamente questo ci fa capire che il successo non è determinato solamente dal coraggio di mantenere il proprio budget anche in un periodo di crisi, è per forza necessario che almeno alcuni dei competitors non siano altrettanto coraggiosi.
Ci sono dei fattori aggiuntivi che operano durante le recessioni. Innanzitutto, i costi della pubblicità (specialmente quella televisiva) si abbassano a causa del calo della domanda. Così con lo stesso investimento si ottiene di più.
I consumatori a loro volta riducono le spese stando così di più a casa, quindi l’audience televisiva è più alta. Questo trend permette agli utenti più coraggiosi di ottenere di più con lo stesso budget.
Tuttavia, questo non spiega come mai i brand che continuano a fare comunicazione durante la recessione, ne beneficiano per molto tempo anche in seguito.
I concorrenti, a crisi finita, riprendono ad investire abbastanza velocemente, soprattutto se hanno perso quote di mercato durante la recessione. Il primo pensiero è che si debba ristabilire a breve la situazione pre-crisi, ma la storia dimostra che questo non avviene, almeno nell’immediato. Il motivo per cui non si ritorna subito alla situazione precedente è legato agli effetti a lungo termine della pubblicità.
Sfortunatamente non c’è nessun modo convenuto di calcolare direttamente i benefici a lungo-termine della pubblicità.
Studi provano che il ritorno a lungo termine può essere anche quattro volte superiore di quello a breve termine.
A seguito di un taglio di budget, un brand continuerà a beneficiare dagli investimenti di marketing fatti negli anni precedenti. Questo mitigherà gli effetti a breve termine del taglio e risulterà essere pericolosamente fuorviante per l’incremento a breve termine.
Ma il danno maggiore lo riceverà la profittabilità a lungo termine, che all’inizio non verrà notato. Questo dimostra che l’effetto a lungo termine della pubblicità (che spesso comprende fino all’80% dell’effetto totale della spesa pubblicitaria) e la sua durata, possono essere un fattore determinante delle vendite non solo durante la recessione stessa, ma anche per un po’ di tempo dopo.
Ci vogliono tre o quattro anni per ritornare al livelli di vendita pre-taglio, e anche nel caso di un taglio del 50% per un anno ci vogliono comunque almeno due anni per recuperare il terreno perso.
Questa è una delle possibili spiegazioni su perché i brand che non tagliano in comunicazione durante una recessione, sembrano giovarne anche tre anni dopo la fine della crisi: i brand concorrenti che hanno ridotto le spese impiegheranno del tempo per ritornare al livello precedente.
La cosa critica è che dovrebbe far riflettere maggiormente è che l’incremento di spesa richiesto per ritornare entro un anno al livello di vendite pre-crisi, è di circa il 60% in più rispetto alla cifra risparmiata tagliando la spesa in comunicazione. E tutto ciò, tenendo fermo il presupposto che i consumatori si possano riconquistare facilmente, cosa che non è sempre vero. Da un punto di vista finanziario l’unica giustificazione per tagliare la spesa pubblicitaria è l’eventuale bisogno di liquidità.
Altrimenti, le cifre non tornano.
Fonte: Assocomunicazione