Scritto da Admin
03 Ott 2008

Fiere. Insostituibile fisicità


In Italia si svolgono oltre un migliaio di manifestazioni fieristiche: 195 internazionali, 422 nazionali e 113 a livello regionale. Sono questi i dati rilasciati dalla AEFI, l’Associazione Esposizioni e Fiere Italiane.

Oltre alle fiere campionarie, le diverse manifestazioni sono rappresentative di 27 categorie economiche. Ne consegue l’importanza del nostro sistema fieristico nazionale, che rispecchia la struttura produttiva industriale del Paese.
Si tratta di un mercato che si basa sulla specializzazione settoriale e proprio su questa fonda la propria rilevanza e le proprie potenzialità di sviluppo a livello internazionale. Come molti altri comparti della nostra economia, anche il settore fieristico è stato protagonista di una forte evoluzione, con progetti di ampliamento, la trasformazione di enti fieristici in società per azioni, il decentramento a livello regionale delle competenze di alcune fiere ed esposizioni.

Il comparto fieristico italiano gode di buona salute e le vendite di spazi espositivi sono in crescita, sebbene in misura minore rispetto al passato in quanto oggi è un mercato quasi saturo e le aziende collocano buona parte dell’investimento fieristico in manifestazioni all’estero”, afferma Francesca Golfetto, Docente all’Università Bocconi e Direttore del Centro di Ricerca Cermes. “Tutti i comparti fieristici sono caratterizzati da una crescente internazionalizzazione: le aziende spendono in media dal 25 al 30% del budget in partecipazione a fiere estere, mentre solo dieci anni fa la media non superava il 10-12%”.

Spendono maggiormente in questo ambito le aziende che operano nel mondo dei beni industriali e nel B2B, ma hanno ripreso vitalità anche le fiere B2C, vissute come evento collettivo. Attorno alla manifestazione centrale, i vari espositori organizzano i propri eventi rivolti al personale, ai venditori, agli opinion makers, eccetera. È il caso del Salone del Mobile o della moda, che riscuotono grande successo poiché l’Italia in questi mercati specifici, come nel mercato dei beni strumentali, riveste un ruolo universalmente riconosciuto e vanta le fiere più importanti del mondo.

Il settore ha vissuto un momento di difficoltà, a fronte della crescita delle nuove tecnologie. “Alcuni addetti ai lavori temevano che internet avrebbe ucciso questo mercato e c’è chi ha addirittura tentato di realizzare fiere online. In realtà, però, sebbene la tecnologia consenta di migliorarne i servizi e di accedere con maggiore immediatezza alle informazioni, internet non può sostituire la fisicità dello strumento fiera”. Nel BtoC funziona il principio del marketing esperenziale; nel BtoB l’incontro diretto consente alle imprese acquirenti di capire le effettive competenze dei fornitori e la loro capacità di adattare i prodotti alle esigenze specifiche.

“Naturalmente occorre fare distinzione tra le fiere nei mercati maturi, come l’Europa, che hanno sempre più la funzione di incontro periodico e di confronto dei fornitori da parte delle aziende clienti, e quelle dei Paesi emergenti, come la Cina, che sono sostanzialmente finalizzate alla vendita e allo sviluppo di nuovi mercati”.

In tutti i casi, la presenza in fiera dovrebbe seguire le regole del marketing esperenziale. “Un’azienda capisce la qualità del fornitore verificando la competenza dei suoi tecnici, o toccandone con mano i prodotti. E dalla presenza contestuale di più fornitori ne riscontra le capacità di allineamento ai trend di stagione. Nelle fiere di filati, ad esempio, le aziende tessili presentano dei filatori che realizzano i tessuti, dimostrando di avere sia competenze tecniche sia di fashion e di essere allineati alle esigenze degli acquirenti. In questi contesti, le ballerine e le signorine in minigonna sono un inutile spreco di denaro. Diverso è il caso delle fiere consumer, nelle quali il visitatore cerca innanzitutto socializzazione, divertimento, sperimentazione e svago”.

In fiera la comunicazione deve essere sinergica con quella sui media, e generalmente è preceduta da una campagna che invita a visitare lo stand. “Sarebbe poi importante, dopo l’evento, ricontattare i potenziali acquirenti. Al contrario, spesso, gli espositori, avendo lavorato alacremente prima della fiera, dopo si rilassano e vanno in ferie”.
Tutte le fiere rispecchiano, in varia misura, lo stato del mercato, solo alcune, però, sono anche capaci di influenzarlo pesantemente. “Pensiamo a Première visione, a Parigi, dove italiani e francesi stabiliscono i trend della moda per i due anni successivi. In questi casi, alcuni gruppi di produttori, invece di presentare ciascuno la propria produzione, perseguonostrategie di marketing collettivo, riuscendo così a condizionare l’evoluzione del settore. Ciò avviene nelle grandi fiere internazionali”. In tali contesti sarebbe auspicabile che gli italiani si accordassero tra loro, a vantaggio dell’intero comparto. Il visitatore, infatti, visita una fiera per cogliere il feeling del mercato e se molti espositori presentano un’offerta strategicamente sinergica, riescono a influenzarne le opinioni e le preferenze.

L’impatto della fiera è forte anche rispetto al territorio che la ospita. “In caso di una manifestazione internazionale, per ogni euro che l’organizzatore incassa, se ne producono dai 10 ai 15 sul territorio, grazie all’afflusso di espositori e visitatori. I primi acquistano strutture espositive e servizi di comunicazione, ristorazione, eventi; i secondi spendono in alberghi, trasporti, eccetera. Si tratta di un ambito molto interessante dell’industria turistica”.
Fonte: Advertiser