PROGETTI SPECIALI
Il successo del word-of-mouth (WoM) marketing sta nel Roi. E’ proprio per la bontà dei risultati che i suoi investimenti supereranno il miliardo di dollari nel 2007, puntando a raggiungere i 3,70 attesi per il 2010. Perché quando si parla di nuovi media, il motto è ‘non si compra ciò che non si misura’, definendo a priori le regole del gioco. Come ha fatto una recente ricerca PQ Media, che per prima si è occupata del comparto, presentandosi in occasione del WoMA Annual Summit 2007 di Las Vegas.
Le cifre sono di tutto rispetto. Il “passaparola” si aggiudica il podio dei media alternativi, dimostrandosi più frizzante degli altri segmenti del comparto, dal brand entertainment al direct marketing, alle relazioni pubbliche. Almeno negli Usa, dove per la prima volta la ricerca PQ Media ha voluto valorizzarne la portata. Ma al di là degli aspetti puramente quantitativi, vale la pena di riflettere su quanto rappresenta a tutti gli effetti la nuova direzione della comunicazione contemporanea.
Perché il WoM è una strategia di marketing alternativa che spinge il pubblico, consumatori e non, a dialogare di marche, prodotti, servizi. Insomma a influire sulle sorti della stessa impresa, attraverso il potere che il giudizio espresso sa esercitare in chi ne viene coinvolto. Per questo l’obiettivo è sollecitare l’interesse, ma soprattutto agire perché l’individuo diffonda poi la sua opinione al gruppo sociale di riferimento, innescando una sorta di meccanismo virale. Il tema caldo è la dimensione, la qualità, l’influenza e la misurabilità di questo gruppo sociale, che la rete ha reso particolarmente esteso, in una dinamicità spontanea e contagiosa.
Il “passaparola”, dunque, concettualmente non rappresenta nulla di nuovo, se non per le dimensioni assunte dal fenomeno grazie a internet e per le occasioni di riuscire a dominarlo più di un tempo. Basti pensare che, come sostenuto da una ricerca a firma Keller Fay Group, al giorno negli Usa si svolgono tre miliardi e mezzo di conversazioni che hanno a che fare con un prodotto, un’azienda o un brand. Senza dimenticare che l’80% delle persone dichiara di fidarsi dei consigli ricevuti da amici o familiari, insomma da chi in cui si crede. Ma lo studio sottolinea come il 90% del passaparola avviene ancora off line.
E qui sta il punto. La sfida della nuova era consiste proprio nel riuscire a “sfruttare” l’insieme di conversazioni che spontaneamente si svolgono in rete, a livello trasversale e internazionale. Social network, blog, forum, diventano bacini di inestimabile valore, anche perché consentono la “misurabilità” delle azioni in oggetto, tanto cara alle aziende.
Ne è esempio la recente iniziativa annunciata da Facebook. Partendo dall’assunto che la comunicazione è cambiata, il social network ha inventato una piattaforma pubblicitaria ad hoc, per permettere ai messaggi delle aziende di “uscire” dalle conversazioni dei consumatori. Di qui l’idea di trattare i brand alla stregua degli stessi user, permettendo loro di aprire una propria pagina. In secondo luogo, consentendo la definizione di annunci personalizzati sulla base del profilo dell’utente. Che ha la possibilità di mostrare nel proprio flusso di notizie gli ultimi prodotti acquistati o osservati in altri siti.
E per concludere, un sintetico elenco di cosa si debba fare per il successo delle strategie:
– individuare i così detti influenzatori;
– creare un messaggio “forte” che interessi al punto da essere divulgato;
– intervenire. Non lasciare si tratti di conversazioni unidirezionale, ma instaurare un dialogo;
– misurare le conversazioni, sia quantitativamente che qualitativamente.
Fonte: Youmark