Scritto da Admin
01 Lug 2008

La versione cinese del marchio, una sfida da non sottovalutare

…Un simbolo o un segno grafico è passibile di registrazione se è distintivo, distinguibile e lecito (ovvero non registrato precedentemente e consentito dalla legge cinese sui marchi). L’esperienza delle società che da tempo operano in questo territorio dimostra che prima di effettuare qualsiasi operazione commerciale in Cina sia utile provvedere alla registrazione del marchio nella Repubblica Popolare Cinese. La registrazione tempestiva in loco è importante in quanto consente di tutelarsi in caso di violazione degli stessi e previene la registrazione del proprio marchio da parte di altri soggetti. Ricordiamo che nel paese del dragone vige il principio della priorità di registrazione. Questo principio rende proprietario dei diritti il soggetto che per primo registra un marchio. Qualora si verifichi ciò, il “legittimo” proprietario, oltre a rischiare di subire il danno derivante dall’utilizzo del marchio da parte di terza persona, non potrà nemmeno commercializzare sul territorio cinese i propri prodotti poiché cadrebbe in violazione di diritti. A questo proposito è importante far notare che in Cina si registrano diversi casi in cui soggetti terzi registrano marchi a scopo di estorsione: una volta acquisita la titolarità di un marchio altrui cercano di venderlo (tipicamente a prezzi molto elevati) al legittimo titolare.

LE ASSONANZE

Un aspetto importante è quello della “versione cinese” del marchio. Con “versione cinese” del marchio si intende la sua traduzione nella lingua locale: questa pratica non è richiesta dalla legge della Repubblica Popolare Cinese, ma è consigliabile dal punto di vista legale e da quello commerciale. Legalmente, la mancata registrazione della versione cinese del marchio può comportare i medesimi problemi derivanti dalla mancata registrazione del marchio originale: anche in questo caso verrebbe meno la tutela giuridica. Inoltre qualora l’azienda straniera non proponesse al mercato una versione cinese del proprio marchio, sarebbero i consumatori stessi a farlo, da soli, sulla base della somiglianza fonetica; l’assonanza trovata spesso si allontana però dal significato del prodotto o può addirittura dare una risonanza negativa. Un esempio di questo è offerto dal famoso profumo Poison che rischiava di essere tradotto con Duyao (veleno).

COMUNICAZIONE PARALLELA

Cosa deve sapere dunque un’azienda per poter pensare alla versione cinese del proprio marchio? Innanzitutto è importante sapere che la lingua cinese è una lingua a ideogrammi, cioè simboli che, oltre a essere parola, sono anche rappresentazione grafica di un’idea o di un concetto. Ancor più dell’alfabeto, quindi, si prestano a una funzione di comunicazione parallela, nel senso che trasmettono un messaggio esplicito, dato dalla parola, e uno implicito, dato dalle associazioni di significato evocate dai segni. Con la traduzione del proprio marchio in cinese non si deve solamente affermare qualcosa, ma creare anche espressioni in grado di suggerire ed evocare associazioni mentali funzionali alla vendita e alla diffusione del prodotto. Un’altra componente fondamentale di ogni lingua è la fonetica. È possibile scegliere il nome di un marchio prediligendo il rispetto della sonorità piuttosto che del contenuto. L’alternativa (più efficace) è ricercare un compromesso tra sonorità e contenuto attraverso la scelta (non sempre possibile) di ideogrammi che permettano di mantenere affinità sonora e semantica con il nome originale. Alcuni esempi di questa soluzione: Coca-Cola con l’attuale traduzione in cinese Kekou-Kele (delizioso), Mercedes-Benz che ha tradotto il nome Benz con Benchi (veloce), Lego con Legao (divertimento superiore), Singer con Shengjia (famiglia vincente), Carrefour con Jialefu (casa felice).

Fonte: Markup