Scritto da Admin
07 Nov 2008

LO SPORT COME RITORNO ECONOMICO


Lo sport, con i suoi valori di trasversalità, di pratica e di seguito popolare e la sua carica emozionale e aspirazionale, è entrato definitivamente a far parte delle politiche di comunicazione e/o di marketing delle aziende che, lasciato da parte un approccio allo sport per mecenatismo, si trovano davanti il problema di valutare i ritorni generati dall’investimento in sport e di armonizzarli con le loro logiche.
Lo sport, dunque, è un vero e proprio mezzo di comunicazione contemporanea, un media non convenzionale attraverso il quale si possono raggiungere tanti e diversi obiettivi: di branding, commerciali, di marketing, finalizzato alle pubbliche relazioni, alla fidelizzazione interna ed esterna, al posizionamento.
Così, la domanda più ricorrente cui si trovano a rispondere i manager che devono decidere in ordine all’opportunità di investire nello sport è: qual è il ROI (Return on investment), o meglio ancora il ROMI (Return on marketing investment), di un evento o di una sponsorizzazione sportiva?
Ancora oggi la maggiore difficoltà per chi deve decidere un investimento in ambito sportivo non è tanto la mancanza di fondi, quanto la difficoltà di individuarne in modo chiaro i plus e di misurarne in modo oggettivo i ritorni al termine del percorso. Se, infatti, la misurazione dell’immagine di marca in termini quantitativi (awareness) e qualitativi (equity) vanta ormai una ultraventennale tradizione di approfondimenti e di business, sponsorizzazioni ed eventi sportivi hanno sempre vissuto in quella terra di confine in cui le barriere all’entrata erano basse (troppi improvvisatori, esperti e organizzatori di eventi) e i criteri di valutazione dei ritorni aleatori e basati solo sul numero dei partecipanti/contatti.
Ogni decisione di sponsorizzazione, se intesa come forma di investimento e non come azione isolata o in funzione di obiettivi a breve, non può prescindere da un’analisi razionale e da una valutazione del rapporto costi/benefici. La misurazione dell’ efficacia di un investimento in sport in termini di sponsorship è complessa e articolata, in quanto molteplici sono le tecniche e soprattutto i parametri da valutare per misurare i risultati.
Preliminarmente è necessario definire in modo chiaro gli obiettivi e la mission che l’azienda intende perseguire attraverso l’investimento stesso. Gli obiettivi devono essere definiti in relazione a uno o a più target e riferiti a un periodo di tempo prefissato. Ogni obiettivo verrà raggiunto attraverso un’attività o un mezzo, e ogni mezzo sarà valutato con criteri e metodi pertinenti alla sua natura. Non c’è quindi un criterio universale per misurare l’efficacia di un investimento nello sport ma esistono tanti criteri ognuno proprio e funzionale alla misurazione di quella particolare leva attuata.
In generale un investimento nello sport può essere valutato su tre livelli: uno base, relativo al grado di attenzione, esposizione o di contatto che l’azienda ha ottenuto con la sponsorizzazione; uno intermedio, relativo al grado di percezione e ricordabilità del messaggio che il target ha recepito e al giudizio sull’ azienda o sui suoi prodotti; un livello finale che misura gli eventuali cambiamenti in termini di percezione, posizionamento e l’atteggiamento riscontrabile nel target che si traduce in comportamento di acquisto o di utilizzo del prodotto.
Ognuno di questi tre livelli può essere ulteriormente dettagliato in relazione a un criterio temporale nelle tre seguenti attività: analisi di breve periodo (analisi degli output) che generalmente misura, in funzione degli obiettivi perseguiti, numero di contatti realizzati, di accordi conclusi e di vendite realizzate, redemption (ovvero la quantità dei partecipanti e le loro “qualità” in termini di appartenenza al target e di capacità di essere “opinion leader” o “pr ambassador” per quel determinato prodotto), numero di ritorni e grado di esposizione media del messaggio (tv, stampa, riviste specializzate); analisi di medio periodo, che si riferiscono sia a livello di notorietà, di ricordabilità e di immagine, sia al cambiamento degli atteggiamenti del target in termini di percezione e di comportamenti di acquisto; analisi di lungo periodo (analisi degli out growth) che si riferiscono alla reputazione e al posizionamento dell’ azienda.
Per ogni investimento nello sport è, inoltre, possibile distinguere fra elementi quantitativi e qualitativi. I primi si possono analizzare e valutare in base a criteri e parametri numerici e quindi facilmente espressi in termini monetari. Rientrano in questa categoria i contatti realizzati in field durante l’evento; il pubblico “live” presente; il numero di iscritti/partecipanti, di sample/gadget/flyer distribuiti, di accordi/contratti conclusi; i contatti media divisi per contatti tv, articoli stampa, passaggi radio; il numero di accessi sul sito.
Gli elementi qualitativi attengono alla qualità e alla coerenza tra obiettivi dell’azienda e attività sponsorizzata e sono relativi all’analisi sui comportamenti, sugli atteggiamenti, sulla natura del target coinvolto, sul giudizio che spettatori e media hanno avuto dell’ evento. In questa categoria rientrano le analisi: sul pubblico intervenuto (pubblico in target, grado di coinvolgimento e soddisfazione, ecc.); analisi sulla qualità della partecipazione (partecipazione attiva, passiva); sul grado e tipo di connessione che unisce il pubblico e l’evento (partecipazione mentale, partecipazione fisica); sulle relazioni costruite tra target e brand e/o prodotto; sui comportamenti expost; delle uscite (media content analysis e media reputation); dell’esposizione tv.

LE TECNICHE DI MISURAZIONE
Definiti obiettivi e natura degli elementi che caratterizzano un investimento nello sport (comunemente indicato come sponsorizzazione), si può passare alle tecniche di misurazione dell’ investimento stesso.
Il metodo più utilizzato è quello del valore relativo, che è anche il più rigoroso dal punto di vista della pianificazione aziendale. Il valore specifico si determina attualizzando, ai valori di mercato, ciascuno degli elementi che compongono il pacchetto della sponsorizzazione che, formalmente, si compone di una serie di diritti e di qualifiche che lo sponsor acquisisce sottoscrivendo un contratto con l’organizzatore o la società sportiva che detiene i diritti dell’ evento/attività. Ogni azienda che acquisirà la qualifica di sponsor focalizzerà l’attenzione sui propri obiettivi specifici, cercando di valorizzare appieno la/e categoria/e di diritti più in linea con gli obiettivi individuati.

Un rapporto di sponsorizzazione consente al partner di acquisire i seguenti diritti: status e qualifica da utilizzare per proprie attività di comunicazione; diritti di brand exposure declinati su vari supporti e con varie modalità, di promozione e di contatto (ed eventualmente di vendita durante l’ evento/attività); diritti di pr e hospitality (biglietti, trade incentive, sponsor day, ecc.), di pubblicità (fonica in field, video, istituzionale); diritti Internet (sito, newsletter); diritti relativi alle immagini delle attività e dei partecipanti (anche in veste di testimoniai, ma spesso da concordare a parte).
La brand exposure di una sponsorizzazione si valuta attraverso la media coverage analysis, analisi che permette di trasformare in numeri l’esposizione del brand sui mezzi di comunicazione che hanno ripreso l’evento e quindi in primo luogo tv e stampa. Il sistema monitora l’esposizione del marchio in tv in termini di secondi/minuti e moltiplica questo valore per il prezzo di una campagna tv necessaria per ottenere lo stesso livello di visibilità. Il principio quindi risponde a una semplice domanda: quanto avrebbe dovuto investire l’azienda in acquisto di spazi sui media per ottenere lo stesso livello di esposizione?
Il valore ottenuto va poi decurtato in funzione di alcuni parametri che, chi valuta, dovrà considerare; in particolare: gli sconti medi del settore dell’ adv e in funzione del potere contrattuale dell’azienda; la qualità dell’ esposizione; l’affollamento di brand (tanto è maggiore, tanto minore sarà la forza comunicativa del singolo brand); fascia oraria e rete che hanno trasmesso l’evento; la capacità del brand di bucare lo schermo (l’efficacia di penetrazione del brand dipende da vari elementi, tra cui il principale è il lettering, che ne consente una visibilità massima quando è compreso tra i 3 e i 5 caratteri, mentre, con l’aumentare del lettering, l’efficacia diminuisce in genere in maniera più che proporzionale); la dimensione e il colore del brand.
Successivamente l’analisi viene estesa al contenuto riportato sui mass media (media content analysis) per verificare se la copertura ottenuta sui media è coerente con il target dell’ azienda e con il periodo prefissato, se è ragionevolmente visibile e se presenta un tono editoriale favorevole. Per le uscite stampa si monitora l’esposizione e la presenza del brand in millimetri/colonna e si moltiplica questo valore per il prezzo di una campagna stampa necessaria a ottenere lo stesso grado di presenza.

IL COSTO DEL CONTATTO
In riferimento alle componenti quantitative, va precisato che queste si valutano invece attraverso il criterio del costocontatto, cioè il costo unitario sostenuto per raggiungere il cliente potenziale e che si ottiene rapportando il budget allocato con il numero di persone che hanno partecipato all’evento.
Questo valore dipende da due elementi. Il primo è il canale/mezzo utilizzato. Più il contatto è diretto e più costa. Lo sport rappresenta uno dei mezzi di comunicazione più diretti e personali che esistano, perché consente di contattare il target in un momento di assoluto trasporto emozionale e perché coinvolge attraverso emozioni e passioni. Il secondo è la forza d’impatto che si vuole creare. E indubbio che un contatto creato attraverso un gadget o un sample di prodotto è più efficace di uno instaurato tramite un semplice flyer.
Proprio per la sua natura emozionale e diretta, il costocontatto di un evento sportivo è più alto di una campagna pubblicitaria, che per definizione è un mezzo distante dal target e impersonale. Dovrebbe avere dunque poco senso valutare il costo contatto di un evento sportivo paragonandolo al costo contatto di una campagna media, perché sono diversi i mezzi, gli approcci e soprattutto perché non si considera l’aspetto caratterizzante la sponsorizzazione che consiste proprio nell’impatto emotivo e nel coinvolgimento diretto da parte dell’utente che contraddistinguono il messaggio.
Il costo contatto di un evento sportivo potrebbe essere paragonato alle campagne promozionali in store, alle attività di guerilla marketing e alle altre forme dirette di contatto e non a una campagna di affissioni, per sua natura più piatta estatica.
Una volta definiti i passaggi precedenti si può passare a valutare le presenze e di conseguenza il target che va, a sua volta, valutato in termini di coerenza e prossimità rispetto agli obiettivi propri dell’ azienda che investe. Lo sport per la sua atipicità come medium è in grado di coinvolgere diversi target. Il focus target è rappresentato da coloro che partecipano attivamente alle attività (chi vi è presente fisicamente) e che vengono contattati attraverso un’attività onetoone. E il target di riferimento per l’azienda, quello che interagisce in modo diretto con il brand e lo si misura attraverso un valore concreto: per esempio il numero di sample/gagdet/flyer distribuiti, di anagrafiche raccolte, di contratti o promesse di accordi realizzati, eccetera. Il target allargato diretto è rappresentato dal bacino di affluenza globale e può coincidere o meno con il focus target. La coincidenza dei due target dipende dalle attività e dalle azioni messe in atto per contattare il target e dalla forza dell’impatto che si vuole creare. Il target allargato indiretto è rappresentato dal bacino di persone che hanno saputo dell’ evento ma non vi hanno preso parte.
Come si può desumere dagli elementi analizzati, il metodo del valore relativo rappresenta attualmente uno degli strumenti più utilizzati nella valutazione dei ritorni di un investimento in sport. Tuttavia esso denota, nel suo approccio, due criticità fondamentali: non tiene conto degli elementi intangibili (il valore, la storia, i successi dell’evento o della disciplina) che rappresentano il plusvalore dello sport; utilizza metodi di valutazione tipici della comunicazione classica per valutare un mezzo atipico per definizione.
Per superare queste criticità, la dottrina di riferimento propone un ulteriore criterio, oggettivamente più complesso da utilizzare, che implica analisi e studio sul brand sia pre sia post evento e che viene definito metodo della notorietà. Questo metodo si pone l’obiettivo di valutare l’investimento e la relativa sponsorizzazione rilevando l’incremento di notorietà acquisito dal marchio sui principali target di riferimento, per poi ricavare l’investimento necessario in pubblicità classica per ottenere un livello di notorietà pari a quello ottenuto al termine della sponsorizzazione. Il metodo, quindi, non si pone come punto di riferimento il livello di esposizione, ma va al di là, avendo come obiettivo di valutare il diverso livello di notorietà. La domanda alla quale risponde è pertanto: “quanto avrei dovuto investire in spot per ottenere lo stesso livello di notorietà?” Così facendo la valutazione si fonda su un criterio qualitativo e soprattutto si propone di stabilire l’efficacia dell’ operazione e non solo l’efficienza tecnica (exposure) del messaggio.

L’EMOZIONE IN GIOCO
Per valutare il grado con cui i messaggi aziendali siano stati recepiti, compresi e ricordati dal target e quindi in che modo risulti mutato il livello di notorietà e di immagine, esistono, poi, vari strumenti. I più utilizzati sono: focus group; survey che possono essere telefoniche, via mail, personali, via Internet o fax; studi (sondaggi) pre e post evento; studi etnografici basati sull’osservazione, la partecipazione, tecniche di giochi di ruolo; studi multivarianti basati su tecniche statistiche avanzate quali l’analisi di correlazione e di regressione.
Per una corretta valutazione dei ritorni e quindi per definire in che modo e con che grado l’investimento sia stato capace di modificare il livello di notorietà del brand o del prodotto, sarà necessario cercare di sterilizzare gli effetti derivanti dalle altre leve che compongono il communication mix e che possono aver influito in modo più o meno determinante sulla notorietà.
Alla luce dell’analisi appare chiaro come lo sport, con i relativi investimenti in eventi/attività sportive, può essere approcciato e valutato alla stregua dei mezzi più tradizionalmente utilizzati dalle strategie aziendali, come spot televisivi, cartelloni pubblicitari, passaggi radio, ecc.
La vera differenza sta non tanto nello spazio fisico che può essere destinato al brand in termini di centimetri, quanto piuttosto nello spazio temporale che lo sport, inteso come attività direttamente praticata e/o come evento mediatico e live, è in grado di mettere a disposizione delle aziende. Il tempo è, difatti, il vero e unico bene distintivo di questa epoca.
“Non ho tempo” è, probabilmente, la frase più pronunciata nel mondo contemporaneo. In questa generale carenza di tempo, in cui si è portati a compiere contemporaneamente più azioni (guardare la televisione mangiando, ascoltare la radio guidando, leggere un giornale parlando con gli amici), ciò che vie,ne sacrificato davvero è l’attenzione. E proprio la disponibilità di questo tempo (e quindi di un alto livello di attenzione) a rappresentare il vero obiettivo che ogni individuo e ogni azienda sente di dover realizzare.

L’ULTIMO SPAZIO
Lo sport, per le sue peculiarità, è, probabilmente, l’ultimo spazio temporale a disposizione del singolo; l’ultima emozione davvero profonda e ancora libera da condizionamenti in cui il singolo può vivere un evento/attività sentendosi parte delle sensazioni che è in grado di suscitare partecipandovi anche solo come spettatore.
Questa emozione è, probabilmente, l’elemento davvero caratterizzante dello sport e, per forza di cose, deve diventare il criterio di misurazione di un investimento nello sport. “Quanta emozione sono riuscito a generare intorno al mio brand?”, dovrebbe essere questa la domanda da cui partire. Le campagne di affissione, gli spot televisivi, i jingle radiofonici quanta emozione (ammesso che siano in grado di suscitarla) possono associare al brand? Per questo, le aziende che da anni credono nello sport, i centri media, le agenzie e l’intero sistema sportivo internazionale dovrebbero concorrere all’elaborazione di un criterio di valutazione nuovo, che caratterizzi lo sport e resti esclusivamente legato a esso: il “metodo del costo/contatto/emozione”.
Fonte: Largo Consumo