Scritto da Admin
18 Giu 2008

Poche novità per i bimbi nel punto di vendita


Nell’ampio ventaglio dei consumatori il target delle donne con figli sembra non interessare la maggior parte delle catene distributive. Se da una parte gli assortimenti seguono quelle che sono le necessità e i trend di mercato, i servizi a supporto della piacevolezza dello shopping non si adattano alle esigenze di coloro che dovrebbero essere i consumatori più corteggiati: le famiglie.

Di questo argomento MarkUp se ne era già occupato nel marzo ’97 (a pag. 96) fornendo una panoramica sui punti di vendita che ospitano corner a misura di bambino. In quel contesto, sfoderando un ottimismo di altri tempi, si pronosticava il progressivo intensificarsi delle iniziative di marketing nei confronti dei bambini ponendosi come limite etico il non coinvolgimento per soli fini commerciali. A dieci anni di distanza il quadro sembra non essere cambiato tanto da riproporre soluzioni simili a quelle già messe in scena nel ’97 affiancate da poche altre novità.

Produzione in evoluzione

In Italia qualcosa è cambiato, ma non riguarda certo la sensibilità distributiva. È la produzione a impalmare il ruolo più ricettivo verso il target famiglie incrementando in modo esponenziale servizi e beni legati all’infanzia. Secondo un’indagine condotta dalla Camera di commercio di Milano sui dati del registro delle imprese al secondo trimestre 2007, ben 11.403 imprese italiane si occupano delle necessità di mamme e bambini con un picco in Lombardia dove il 23,6% delle società è iscritto in qualità di asili nido e il 70% si occupa della produzione di carrozzine e passeggini. Tra i settori più vicini all’universo infantile sono cresciuti maggiormente quello degli asili (+12,2% rispetto all’anno precedente) e quello dell’abbigliamento baby (+6,2% vs 2006), a conferma che tutto ciò che ruota attorno al mondo dei bambini è in continuo fermento.

Distribuzione sempre uguale

L’intrattenimento sembra essere il fulcro che in tutti questi anni ha caratterizzato le iniziative promosse dalla distribuzione. Scorporando quelle che sono le promozioni a tema che ciclicamente vanno ad arricchire l’assortimento dei punti di vendita, l’area gioco sembra aver avuto la meglio su qualsiasi tipo di proponimento. Già 10 anni fa punti di vendita delle catene Oviesse, Prima Visione, Kiabi, Castorama, McDonald’s offrivano ai propri piccoli ospiti aree gioco (attrezzate con giocattoli, video giochi o con videoproiezione di cartoni animati) permettendo così ai genitori di fare shopping in tutta calma. Nel corso di questo decennio abbiamo assistito a un piccolo rinnovamento che in ogni caso è ancora lontano da soluzioni all’avanguardia.

Nelle grandi superfici si trovano, per esempio, mini carrelli per rendere partecipi i bimbi durante la spesa (in Iper e Conad), carrelli della spesa con seggiolini per neonati (da Esselunga) oppure carrelli gioco dalle fattezze di un’automobile (presenti in quasi tutti i centri commerciali). Da segnalare la realizzazione nel quartiere Laurentino a Roma di un asilo costruito grazie al contributo di Unicoop Tirreno con materiali eco-compatibili oltre a uno spazio chiamato Oasi dei Piccoli reso possibile da Pastarito in alcuni dei suoi ristoranti.

Nulla o quasi viene fatto, dunque, in materia di marketing rivolto alle famiglie con bambini al fine di fidelizzare il nucleo familiare a ritornare ognuno con il proprio obiettivo. Una nota di merito va a Ikea che con il payoff “Il negozio amico di famiglia” comunica a chiare lettere la sua missione. Oltre allo spazio gioco Smalland situato all’entrata e a quelli presenti in ogni singolo reparto, lkea ha realizzato parcheggi più comodi riservati alle famiglie, bagni per i nuclei familiari, fasciatoi nell’area relax e nelle toilette con pannolini gratuiti su richiesta, ristorante con spazio gioco, menu bimbi con prodotti biologici, seggioloni, scaldabiberon e carrelli portavassoi. Oltre a organizzare feste di compleanno. Prendete esempio.

Fonte: Markup