Scritto da Admin
01 Lug 2008

Pubblicità B2B e B2C: due mondi adiacenti che si confrontano.

Cambiano gli obiettivi e cambiano i linguaggi. Le campagne pubblicitarie rivolte al mondo professionale presentano differenze profonde rispetto a quelle destinate al mercato consumer. Innanzitutto va detto che in campo B2B la comunicazione parla più al cervello, in quello B2C i messaggi si dirigono al cuore. Ne consegue che, da una parte, si avrà un advertising focalizzato sul prodotto e sui suoi benefici funzionali, dall’altra, invece, si osserverà una maggiore insistenza sulle emozioni. In poche parole, la pubblicità che noi tutti riceviamo come consumatori mette in scena un valore o uno stato emotivo coinvolgente, talvolta una suggestione. Soprattutto grazie a realise creative degne di vere e proprie opere d’arte. Come vedremo, però, anche nel segmento trade, l’apporto creativo non solo è importante, ma anche fondamentale. Del resto, per quanto il prodotto rimanga il principe del messaggio, è sempre il claim a esprimere il valore aggiunto. Ecco allora il ridimensionamento di un luogo comune: la comunicazione B2B non è necessariamente “grigia” o priva di creatività. Quest’ultima, anzi, è deputata a rendere fruibile un contenuto specialistico e verticale, a decriptare espressioni disciplinari estremamente tecniche. AI bando dunque le distinzioni tra linguaggi di serie A (consumer) e linguaggi di serie B (business): una buona pubblicità è sempre quella che riesce a colpire l’attenzione di un target in continua evoluzione, quella che più si avvicina al suo mondo referenziante.

Fonte: Mark Up