PROGETTI SPECIALI
Articolo scritto da Andrea Grassi.
Oggi i Social Network sono uno strumento per comunicare in modo alternativo e spesso risultano estremamente efficaci, specialmente per obiettivi specifici. Se ti occupi di marketing e comunicazione li avrai valutati o li starai valutando, per la tua azienda o per i tuoi clienti.
Possono essere una risorsa fenomenale, è altrettanto vero che vanno maneggiati con molta cautela perchè possono dare vita a dei veri e propri tsunami sulle mura della propria casa.
In questi giorni ho seguito e studiato un caso che, a prescindere dal contenuto, che non ho la conoscenza e le risorse per commentare, insegna molto a riguardo.
Di recente Greenpeace, che tutti conosciamo per la capacità di focalizzare l’attenzione in modo “creativo e provocatorio” su problematiche ambientali, attraverso la mobilitazione dei social network, ha scatenato una intensa campagna mediatica contro Nestlè e il suo prodotto KitKat.
L’antefatto è la scoperta di Greenpeace che l’olio di palma utilizzato da Nestlè per produrre il suo KitKat, proviene da un fornitore che sta portando gli orango-tango all’estinzione, causa l’indiscriminata deforestazione delle foreste pluviali indonesiane (piante utilizzate per produrre l’olio con cui rifornisce l’azienda).
Greenpeace, famosa anche per le sue imprese di “guerrilla” contro le baleniere giapponesi, questa volta ha dato vita ad una vera e propria campagna di “guerrilla elettronica” contro il colosso multinazionale.
Ha prima di tutto realizzato un video (facilmente recuperabile su YouTube) intitolato “Dai agli orango-tango un break!” nel quale si vede un ragazzo che per prendersi un break scarta un KitKat (il cui classico bastoncino di cioccolato è stato “ritoccato” per ricordare un dito di orango-tango), lo morde e fa sgocciolare sangue sulla tastiera del suo pc. Il classico slogan “Have a break, Have a KitKat” diventa “Give orangutans a break”
Ha poi realizzato altri video, tutti più o meno simili a questo, nei quali si vedono pacchetti di KitKat che si abbattono come motoseghe tra gli alberi della foresta pluviale massacrando e mutilando orango-tango ancorati alle loro amate piante.
Non si è però fermata qui. Per questa operazione, Greepeace ha ovviamente ideato un brand, con un logo che la identifichi: KitKat-Killer (rivisitando il famoso logo del KitKat). Come in ogni iniziativa di guerrilla marketing che si rispetti, ha poi coinvolto il popolo dei Social Network e l’ha mobilitato contro Nestlè. Primi fra tutti l’immancabile Facebook, attraverso cui ha richiesto ai suoi sostenitori di modificare l’immagine del proprio avatar con quella del marchio KitKat-Killer e di bombardare di messaggi sull’argomento le diverse fun page della multinazionale.
Risultato? Una vera e propria tempesta mediatica si è abbattuta su Nestlè. Diverse migliaia di messaggi, pubblicati sulle varie fun-page (dirette o indirette) che raccolgono parecchie centinaia di migliaia di consumatori.
Contromisure? Sì, disastrose!
Il colosso alimentare ha prima scatenato una campagna di censura contro il video di YouTube (motivando la richiesta con ragioni di copyright). L’effetto, come si poteva e doveva facilmente immaginare, è stato quello di scatenare la vera forza dei Social Network. E’ letteralmente esploso un tam tam telematico, ancora più esteso di quello attivato da Greenpeace, proprio a causa di questo atto di censura che è andata a ledere i valori di libertà di espressione del web. I video che sono rimbalzati su tutti i player simili a YouTube (Vimeo primo fra tutti) hanno registrato milioni di visualizzazioni.
Altro? Purtroppo sì.
Sono seguiti una serie di comunicazioni dei moderatori delle varie fun page (dirette e indirette) di Nestlè che diffidavano gli iscritti ai vari Social Network di modificare la propria immagine con un logo, seppur modificato, del KitKat, trattandosi di violazione del copyright. I moderatori hanno poi minacciato (e qualcuno afferma che sia stato fatto) di cancellare tutti i commenti fatti da persone che continuavano ad esporre l’immagine del KitKat-Killer. Ovviamente si è assistito ad un escalation di awareness tutt’altro che piacevole per Nestlè.
Ribadisco che non ho la conoscenza e le risorse per entrare nel merito della questione. Ciò che è stato detto riguardo a Nestlè potrebbe essere tutto vero o tutto falso. Non cambia comunque il punto: avventurarsi nei Social Network può essere tanto prezioso quanto dannoso.
Nei prossimi post cercherò di approfondire alcune strategie efficaci e di “corretta” gestione di questi strumenti di comunicazione.
Intanto i consigli (collegati alla quesitone Nestlè) che mi sento di dare a coloro che vogliono integrare l’uso dei Social Network nella loro strategia di comunicazione sono due.
Intimorisce ricevere attacchi dai propri consumatori. La soluzione non è evitare i Social Network per evitare di conseguenza gli attacchi. Spesso i consumatori che “attaccano” sono comunque affezionati al prodotto o all’azienda, indipendentemente dal contenuto dell’attacco stesso. Questi “attacchi” possono diventare delle grandi risorse di ulteriore fidelizzazione (di queste persone e di tutti gli altri).
La soluzione sta nella loro gestione. Personalmente credo sia meglio godere del buono che c’è nelle opportunità offerte dai Social Network gestendo le loro criticità, piuttosto che evitarli per paura.
Quando si commette un errore è meglio ammetterlo. Prima o poi, specialmente sui Social Network, tutto quello che buttiamo fuori dalla porta rientra decuplicato dalla finestra! Paga molto di più ammettere subito l’errore e farsi percepire come focalizzati sulla risoluzione, piuttosto che nascondere la polvere sotto al tappeto. L’obiettivo infatti resta sempre e comunque la fiducia del proprio target che, da che mondo è mondo, si conquista con la trasparenza dei comportamenti.
Come puoi trasformare i Social Network in uno strumento per i tuoi progetti di comunicazione?
Buon lavoro!
Andrea Grassi